HEGEL

 

Vediamo  anzitutto il modo in cui si presentano le filosofie di Fichte, Schelling ed Hegel, che sono i tre autori fondamentali dell’IDEALISMO TEDESCO:

 

-          FICHTE     à lavora incessantemente intorno al problema del FONDAMENTO ASSOLUTO DEL SAPERE, cioè  intorno al PRINCIPIO ASSOLUTO DELL’INTERA REALTA’. Offre incessanti revisioni della sua esposizione, così che abbiamo più redazioni (non tutte pubblicate) della “Dottrina della scienza”.

 

-          SCHELLING    à  è, come abbiamo detto in classe il “Proteo” della filosofia, nel senso che rivede incessantemente in modo integrale il proprio pensiero, proponendo così non una, ma una pluralità di filosofie diverse in rapidissima successione. Le sue opere della maturità, nate dopo la rottura dell’amicizia con Hegel, hanno ben poco a vedere con l’idealismo che caratterizzava gli scritti giovanili, all’epoca della cosiddetta “filOsofia dell’identità”.

 

-          HEGEL   à  Da’ un esempio di grande precocità nell’elaborazione compiuta del proprio sistema filosofico. La sua struttura fondamentale, già delineata in alcuni scritti giovanili rimarrà inalterata in tutte le sue opere successive, che contribuiranno soltanto ad arricchirne l’esposizione degli aspetti specifici ed a dettagliarne l’esemplificazione concreta. Questa fermezza e sicurezza nella proposta della propria filosofia, che appare addirittura inalterabile da un libro all’altro, si collega allora a questo aspetto fondamentale:

 

L’AUTOCOLLOCAZIONE DI HEGEL NEL RAPPORTO CON LE ALTRE FILOSOFIE

                                                               =

LA PRETESA DI DEFINITIVITA’ DELLA SUA FILOSOFIA come COMPIMENTO DEL CAMMINO MILLENARIO DELLA RICERCA FILOSOFICA DELLA VERITA’

                                                            Cioè

La filosofia hegeliana pretende di essere l’ultima e definitiva formulazione del SAPERE ASSOLUTO, il punto d’arrivo che conquista la piena elaborazione della CONOSCENZA DELL’ASSOLUTO

 

E’ una pretesa sicuramente AMBIZIOSA, che però Hegel non si limita a sostenere in modo velleitario e immotivato, ma si impegna a svolgere minuziosamente nel suo sistema filosofico.

 

Egli è convinto che la STORIA DELLA FILOSOFIA non sia la casuale successione cronologica di teorie elaborate da individui diversi, ma un CAMMINO UNITARIO DELLA RAGIONE UMANA VERSO LA VERITA’, cio’ uno SVILUPPO LOGICO E CONSEGUENZIALE che muove verso un ben preciso compimento.

In tal senso KANT si pone come la svolta decisiva che ha avviato verso la conquista decisiva della verità (con la sua RIVOLUZIONE COPERNICANA che ha portato alla comprensione della CENTRALITA’ DEL SOGGETTO), e FICHTE e SCHELLING rappresentano ulteriori passi in avanti. Ma la piena acquisizione della sintesi conclusiva del sapere è data dal SISTEMA HEGELIANO, che è allora contemporaneamente: a) superamento di tutte le filosofie precedenti e 2) loro inveramento.

 

D’altro lato, la filosofia hegeliana afferma di essere la “filosofia definitiva” anche in quanto è la coscienza filosofica  del proprio tempo, cioè l’epoca dell’uomo che si afferma pienamente nel mondo, al culmine della civiltà europea forte delle proprie conquiste.

Hegel sostiene che vi è un ben preciso rapporto tra una certa TEORIA FILOSOFICA ed il QUADRO STORICO  in cui è sorta:


“La filosofia è il proprio tempo compreso [= elaborato]  nel concetto”.

Da questo aspetto si misura l’ottimismo hegeliano. La sua è certamente una potente FILOSOFIA DELLA SICUREZZA dell’uomo europeo, mentre invece, non a caso, molte delle filosofie successive saranno al contrario FILOSOFIE DELLA CRISI, espressione di quella incertezza e dello smarrimento prodotto da tanti aspetti della storia tra Ottocento e Novecento (provate a pensare, come Hegel, alla “razionalità” della storia” ponendovi di fronte all’abominio e all’inumanità dei Lager nazisti…).

 

Qui allora è utile confrontare la CONCEZIONE  HEGELIANA DELL’ASSOLUTO


 (che possiamo intendere come: 1) fondamento ultimo dell’intera realtà, 2) totalità  che non dipende da nulla al di fuori di sé, e dunque, in tal senso, 3) Dio),

 

confrontandola con quella di Fichte e Schelling:

 

FICHTE -----   L’Assoluto è L’ATTIVITA’ INFINITA DELL’IO

 

SCHELLING ------ L’Assoluto è IDENTITA’ INDIFFERENZIATA DI NATURA E SPIRITO

 

HEGEL-------------L’Assoluto è RAGIONE CHE SI SVILUPPA E MANIFESTA NELLA                          

                                                     STORIA

 

Come si può vedere nella massima che meglio riassume l’intera filosofia di Hegel:

 

“TUTTO CIO’ CHE E’ REALE E’ RAZIONALE, TUTTO CIO’ CHE E’ RAZIONALE E’ REALE”

(è contenuta nell’ Introduzione di uno degli ultimi libri di Hegel, intitolato “Lineamenti di filosofia del diritto”)

Consideriamo allora separatamente il significato delle DUE PARTI che la compongono:

 

a)      “TUTTO CIO’ CHE E’ REALE E’ RAZIONALE”:

Significa che, secondo Hegel, nella realtà non vi è nulla di casuale, accidentale, immotivato o irrilevante, ma tutto si inserisce in un perfetto e circolare ordine consequenziale (= ordine razionale)= , che garantisce la perfetta integrazione di ogni parte nel tutto.

In tal senso si parla di GIUSTIFICAZIONISMO HEGELIANO: non si tratta di giudicare la realtà, di pretendere di correggerla in nome della ragione astratta (come proponevano gli ILLUMINISTI), ma di saper cogliere la RAZIONALITA’ DEL REALE.

 

b)      “TUTTO CIO’ CHE E’ RAZIONALE E’ REALE”

Hegel polemizza contro le filosofie del “dover essere”, che immaginano un mondo migliore di quello esistente  e pretendono, in suo nome di giudicare e criticare la realtà effettiva, la sua manchevolezza rispetto ad una perfezione puramente mentale ed ideale. In tal senso, come vedremo Hegel contrappone alla RAGIONE autentica, che comprende e giustifica la necessità dello sviluppo della realtà, l’INTELLETTO, che fissa e irrigidisce le opposizioni tra buono e cattivo, giusto ed ingiusto, ecc. rimanendo così bloccato nell’astratto.

       Attenzione: non è la semplice riproposizione variata della prima parte, ma aggiunge qualcosa di importante al modo in cui va intesa, secondo Hegel, la RAGIONE.  Essa non è anzi tutto una FACOLTA’ UMANA,  come l’aveva ancora intesa Kant nella “Critica della ragion pura”, ma è il PRINCIPIO DIVINO  CHE GOVERNA IL MONDO, che lo orienta e sviluppa attraverso le sue MANIFESTAZIONI NECESSARIE. Come è scritto all’inizio del Vangelo di Giovanni: all’inizio era il Logos. Come vedremo più avanti, la filosofia di Hegel è in buona parte una RILETTURA FILOSOFICA DELLA RELIGIONE CRISTIANA. Ma mentre il Dio del cristianesimo, è trascendente al tempo e al mondo,  l’Assoluto hegeliano è ASSOLUTA IMMANENZA, cioè Dio si immedesima con lo svolgimento razionale della storia, con il suo necessario sviluppo e progresso.

Ma se tutto è razionale come si giustifica la presenza di ciò che appare come innegabilmente NEGATIVO nella realtà? Il male, il dolore, la morte….

Recuperando quanto già insegnava nella filosofia delle origini ERACLITO, autore che Hegel stima moltissimo,  la soluzione proposta è questa:

Ciò che ci appare come “negativo” è momento interno del cammino progressivo, dello sviluppo dinamico della realtà, nel senso che è il negativo a produrre quel contrasto, quella scissione, che genera il movimento, lo sviluppo. Il negativo è la “molla” del progresso. In questa considerazione si trova il significato della CONCEZIONE HEGELIANA DELLA DIALETTICA su cui torneremo più avanti.

 

 

Collochiamo allora la filosofia di Hegel in un  QUADRO GENERALE  di riferimento, così da capire il posto importante che ha avuto  per tutti i folosofi a lui successivi (dopo Hegel si è condannati o a ripeterlo come semplici epigoni scolastici, accettandolo integralmente, o a criticarlo, ponendo in discussione i capisaldi della sua filosofia, a partire da quello fondamentale: L’AFFERMAZIONE DELLA ASSOLUTA RAZIONALITA’ DEL REALE E DELLA STORIA.

 

Punto di partenza è il significato della MODERNITA’.

Che cos’è la modernità? E’ anzi tutto la VALORIZZAZIONE DEL NUOVO E DEL CAMBIAMENTO. Ne è un aspetto tipico il processo di SECOLARIZZAZIONE dell’uomo e delle società moderne, ossia la mondanizzazione, il venir meno del richiamo a un fondamento teologico e trascendente. Questa trasformazione è stata studiata in particolare da MAX WEBER a proposito del rapporto tra etica protestante e spirito del capitalismo: l’etica protestante ha sciolto ogni legame magico e simbolico tra Dio e il mondo, favorendo così un processo di disincantamento e razionalizzazione della vita individuale e sociale. Hegel stesso scriverà in un suo aforisma giovanile che la vera preghiera del mattino dell’uomo contemporaneo è la lettura del giornale.

Nell’affermazione di un pensiero ottimisticamente rivolto alla realizzazione della modernità (della modernizzazione) troviamo come tappa fondamentale l’ILLUMINISMO, per il quale  la ragione rappresenta la sola guida affidabile per il miglioramento dell’uomo.

 

E’allora in rapporto anzi tutto con la concezione illuministica della ragione che va posto HEGEL.

HEGEL appartiene ad un contesto generale dominato dal ROMANTICISMO, ma se da una parte HEGEL critica, come i romantici, l’Illuminismo, dall’altra non condivide con i romantici l’inclinazione irrazionalistica e sentimentale che porta al rifiuto della ragione, quella tipica irrazionalità che Hegel vede nella concezione schellinghiana dell’Assoluto come identità indifferenziata e nel culto schellinghiano dell’artista, come tramite privilegiato dell’uomo con l’Assoluto.

HEGEL valorizza la ragione, ma – attenzione - in un senso romantico, cioè come espressione stessa dell’infinito, dell’assoluto. E’ cioò che abbiamo indicato più sopra. Cioè non semplicemente come una debole e limitata facoltà di giudizio posseduta dall’uomo, questa facoltà, inferiore alla ragione, è chiamata da Hegel INTELLETTO,come capacità di distinguere e fissare le opposizioni, e dunque unilaterale.
Che cos’è per HEGEL il tutto, quello che è anche chiamato “l’assoluto”? Ripetiamolo, perché è essenziale per la comprensione della filosofia hegeliana.

Il tutto è realtà razionale e ragione reale: tutto è razionale, la ragione è l’ordine stesso della realtà. Nella realtà dunque non c’è niente di assurdo, accidentale, immotivato, ogni cosa ha il suo posto nell’ordine universale e necessario del tutto. Questa concezione secondo la quale la ragione è l’assoluto, la totalità, viene chiamata PANLOGISMO.

Ne deriva anzitutto un diverso atteggiamento del filosofo di fronte alla realtà rispetto all’ILLUMINISMO:

-          per gli illuministi si trattava di GIUDICARE LA REALTA’ alla luce della ragione, valutare ciò che è da condannare e rifiutare come frutto di superstizione ed ignoranza e. di conseguenza arrivare a CORREGGERE E MIGLIORARE LA REALTA’.

-          Per HEGEL una simile pretesa è assurda, è come voler pretendere di giudicare la totalità infinita da un suo punto di vista finito e limitato.

Compito della filosofia, secondo HEGEL, è COMPRENDERE LA REALTA’, non giudicarla: se tutto è razionale, allora tutto è giustificato.

Hegel ritiene che solo la propria filosofia ha saputo raggiungere, grazie al progresso secolare del sapere filosofico attraverso i secoli, questo superiore punto di osservazione capace di comprendere e giustificare il tutto: la filosofia (e in special modo la filosofia hegeliana) è il SAPERE ASSOLUTO, come tale superiore alle scienze matematiche e naturali, che non arrivano a comprendere l’assoluto, ma si fermano alla conoscenza del finito.

 

 

Chiarita la concezione hegeliana della ragione e della filosofia, si pongono due questioni:

 

1)      Abbiamo detto che per HEGEL tutta la realtà è razionale. Ma a quale “realtà” si riferisce? Che cos’è la realtà?

2)      Non ci sono anche aspetti negativi e inaccettabili nella realtà? Come possono essere giustificati?

 

 

La prima questione ci porta allo STORICISMO hegeliano.

Quando abitualmente diciamo “la realtà” il nostro riferimento immediato è alle cose della natura, realtà è ciò che ci circonda, l’insieme degli oggetti fisici.

Per HEGEL questo modo di vedere  non coglie in profondità il senso della realtà, appare superficiale ed esteriore. Vale a dire: non coglie il SIGNIFICATO della realtà. Ed il significato di ogni cosa non è qualcosa di fisso (ad esempio una pietra sarà sempre una pietra) ma è parte di un processo, di un tramandarsi di significati di generazione in generazione (le generazioni rappresentano il semplice succedersi biologico degli uomini, con la nascita e la morte) attraverso cui si sviluppa e progredisce lo spirito umano, che è, in questo senso, lo stesso dello spirito divino. La realtà, nel senso forte,  dunque è la STORIA, non come semplice successione di fatti,ma come manifestazione nel tempo dello SPIRITO DEL MONDO, che è appunto DIO stesso ( = concezione immanentistica di Dio, Dio non è una realtà lontana, nell’”al di là”, ma è la stessa storia umana come sviluppo dello spirito:

 

 

Occorre aggiungere qualche chiarimento alla concezione  hegeliana della storia.

Abbiamo detto che la storia è sviluppo (progresso) spirituale, cioè manifestazione dell’assoluto.

Mai soggetti (al plurale) della storia non sono gli individui, ma anzi tutto gli STATI.

Lo STATO è per Hegel la realizzazione storica, cioè in divenire, dello spirito di un popolo, di una comunità nazionale, nelle sue istituzioni, nella sua organizzazione interna, nella sua capacità di difesa e relazione con gli altri stati.

Gli individui, storicamente, esistono solo in quanto appartengono ad una comunità statale: in questo senso Hegel   ha una concezione ORGANICA dello stato (allo stesso modo di un organismo vivente,le parti, vivono all’interno del tutto, non hanno reale autonomia).

E perciò è una concezione a quella liberale e democratica, nella quale si valorizza al contrario l’individuo

 

Ogni epoca della  storia è caratterizzata, secondo Hegel, dal dominio di un singolo stato sugli altri, nel quale si incarna lo  SPIRITO DEL MONDO.

Inoltre Hegel considera illusoria ogni speranza nella formazione finale di un unico stato mondiale dell’intera umanità garanzia della PACE PERPETUA, come aveva pensato possibile KANT  e l’Illuminismo.

Il cammino della storia è segnato inevitabilmente e necessariamente dalla GUERRA, cioè dalla risoluzione violenta dei contrasti che sorgono  tra i diversi stati.

 

 

All’interno dello stato, nello sviluppo della storia universale, gli individui partecipano in modo completamente diverso. Ci sono per così dire “due livelli”:

a)      la massa degli individui comuni, che sono il materiale attraverso cui si plasma la storia;

b)      gli eroi, individui eccezionali per intelligenza e capacità di azione, che, come ad esempio Napoleone, assumono il diritto di cambiare la storia, di plasmarla.

Questo aspetto conferma il carattere romantico ed antidemocratico della concezione hegeliana della storia: le masse sono un semplice mezzo, non hanno diritto di partecipazione e di opinione.

 

Ma anche gli eroi non sono completamente consapevoli del compito che svolgono.

Qui Hegel usa il concetto di ASTUZIA DELLA RAGIONE o ETEROGENESI DEI FINI:

anche gli eroi sono strumenti nelle mani dello spirito del mondo, che indirizza il corso della storia aldi là delle ambizioni e degli esiti personali dei singoli personaggi che popolano la scena della storia.

 

Ecco a questo punto la seconda questione: il problema del male, del negativo che compare nella storia.

Tutto si giustifica, ma non perché “tutto va bene”, come per il Pangloss voltaireano.

La storia, per Hegel è tragica, carica di negatività.

Ma anche il negativo partecipa del processo, è condizione del progresso.

Questa è la concezione hegeliana della DIALETTICA: ogni immediatezza è spezzata dal negativo, dalla propria immanente negazione, e questo produce tensione, dinamismo, ma ogni negatività è anche mediata  a un livello più alto, in una sintesi conciliatrice che supera ed invera i momenti precedenti.

L’intera realtà, l’assoluto, è processo dialettico. La storia è processo dialettico.